ALESSANDRO CRISTOFARI , ARTURO CATTANEO e GIOIA PALMIERI scrivono questo raro report di testimonianze familiari fra le quali anche la nostra.
O mi sposi o scappo
Di: Emanuele e Renata Pizzatti
Emanuele è nato a Darfo Boario Terme (BS) nel 1962 e Renata nel 1964 a Darfo BT (BS). Si sono sposati nel 1985 a Rogno (BG). Lui è un imprenditore, lavora nel mondo delle MOTO. Lei è rappresentante. Hanno 8 figli: Rossella (1987), Alessandro (1990), Gabriele (1994), Giulia (1997), Paolo (2000), Camilla (2002), Raffaele (2006) e Tommaso (2008).
Come ci siamo sposati
(Emanuele) È stato semplice innamorarmi di mia moglie, naturale direi. E sposarsi è stato bellissimo e lo ricordo come il primo vero momento di unione di due punti di vista così diversi.
(Renata) Nel lontano capodanno 1984 ti ho visto, che sarà mai uno sguardo, due occhi? Sono tutto, l’amore che ti invade, ti paralizza, ti chiede di immergerti nell’altro totalmente. Così è iniziata la nostra avventura. Certo per te la convivenza era probabilmente l’unico modello a cui ispirarsi e dicevi che avresti voluto cavalcare insieme a me, ma con me proprio non funzionava. Fu così che, parafrasando il famoso film, ti dissi: «O mi sposi o scappo». «E dove ti devo sposare, magari in Chiesa?» Certo che sì!
Ricordo bene quando abbiamo deciso i particolari della cerimonia: volevo un abito bianco bellissimo, la chiesa come un giardino fiorito, le migliori tovaglie per l’altare con il pizzo ricamato a uncinetto, la limusine, i paggetti e almeno 100 invitati.
Lui mi prendeva per matta. Avevamo sì e no un milione di lire a testa e con quelli non avremmo pagato nemmeno il pranzo agli invitati. Eppure grazie alla generosa partecipazione degli invitati organizzammo tutto. Spuntò perfino un lontano parente che si offrì di guidare la sua Cadillac, tutta lustra e fiorita, donandoci una somma considerevole. Anche il viaggio di nozze ci fu regalato. Non vedevamo però l’ora di abitare noi due soli nella nuova dimora gentilmente offertaci e completamente ammobiliata. E ora eravamo sposati e che si doveva fare?
(Emanuele) Trovavo incredibile organizzare una grande festa e seguire quelle che consideravo solo consuetudini. Però Renata capiva meglio di me che la nostra era una unione destinata al «per sempre» e mi faceva capire molto chiaramente il suo pensiero e la sua sofferenza verso altre soluzioni. Adeguarmi al suo desiderio era a quel punto doveroso, una naturale conseguenza dell’amore che provavo per lei. Ma è stato molto divertente vivere quella grande giornata anche e soprattutto godendomi la grande felicità che Renata mostrava in ogni modo possibile e conosciuto. Poi in fondo per noi è stato sempre così: la ricchezza dell’unione di due personaggi così diversi che fanno a gara tra loro a chi riesce a «fare stare l’altro» sempre meglio.
Così giovani e già arriva il primo figlio
(Emanuele) Non ricordo un momento in cui ci siamo aperti alla vita, come si dice così spesso, forse in questo consiste l’anomalia delle famiglie numerose. Semplicemente non ci siamo mai chiusi, non abbiamo mai trovato un valido motivo per aspettare. Goderci la vita e rimandare un figlio, frutto della nostra unione, non aveva alcun senso. Ora il «goderci pienamente la vita» era naturalmente indirizzato al goderci reciprocamente, scoprendoci un’unica cosa il cui frutto naturale era un figlio, nulla poteva essere meglio di questo. Così arrivò la prima figlia, fantastica. Che esperienza, che gioia infinita. Pazzi di lei e così impegnati in una serie di comportamenti che tutti ci suggerivano: il bagnetto quotidiano è una esigenza vitale; deve dormire nella sua stanzetta da sola; deve mangiare ad orari regolari; e via di queste meraviglie suggerite da fior di libri per neo genitori.
(Renata) «Aspettate ancora per pensare ai figli», così ci dicevano tutti. «Così vi godete la vita, fate le vacanze, andate in pizzeria…». Io sentivo che non era la cosa più giusta da fare. Grazie al cielo abbiamo seguito gli insegnamenti di Dio e non le mode del momento, altrimenti sarei qui ancora ad aspettare il momento giusto che non arriverà mai. Per noi era normale partecipare alla Messa domenicale e seguire i suggerimenti del nostro parroco così come i suoi inviti alla preghiera frequente.
Le difficoltà economiche e l’inesperienza
(Emanuele) Lavoravamo tutti e due come impiegati, vivevamo in un appartamento, nulla di straordinario quindi. Certo era facile avere paura del futuro e difficile fare previsioni economiche. Eravamo così giovani e inesperti, come avremmo potuto mantenere adeguatamente i nostri figli, in quale casa avremmo dovuto abitare, quale lavoro avremmo dovuto fare… Non avevamo alcuna idea di quanti figli avremmo avuto, né ci pensavamo. Era talmente bello avere figli che le motivazioni del «fermarsi» sembravano così stupide… La promessa di felicità era lì alla nostra portata e per il resto avevamo ottimismo e fiducia nel futuro. E arrivò il secondo bellissimo bambino. Coppia perfetta, un maschio e una femmina. Nonni contenti, parametri sociali rispettati.
(Renata) Nasce un’amicizia importante che segnerà per sempre la nostra vita. Due coniugi più grandi di noi con cinque figli ci mostrano che è possibile avere una famiglia diversa dalle altre e questo mi sconvolge un poco, ma dentro di me credo che cinque sono veramente un po’ tanti. Il marito mi dice una frase che non scorderò mai: «In questa casa fino a sei figli ci staranno benissimo». Cosa? Già in quattro siamo strettini, e poi chi ci pensava a possibili altre gravidanze? Però la cosa mi piace… come una sfida… ci fanno intravedere un cammino che ci permetterà di stare ancora più uniti al Signore in mezzo alla nostra quotidianità.
Nasce Gabriele e veramente si tratta di un salto, e poi uno alla volta ne sono arrivati altri tre ed allora abbiamo utilizzato i due vani adibiti a garage per ricavare altre due camerette. Meraviglioso, di nuovo avevamo la casa su misura: piccola, ma piena di voci strillanti.
La scoperta della fede per Emanuele
(Emanuele) Io vivevo con un certo distacco la mia fede, alquanto immatura. Ma mia moglie era piuttosto «fissata»: metteva Dio in famiglia con una normalità che mi spiazzava. E in questa normalità quotidiana ho potuto scoprire l’amicizia con un bravo sacerdote, la bellezza e l’efficacia della preghiera. Mi facevo domande, cercavo risposte. Dovevo capire, approfondire, ma ora tutto sembrava quadrare meglio, avere un altro significato. Certo non era semplice inserire, in giornate sempre caotiche, dei momenti di preghiera o frequentazione di sacramenti, ma era sempre più reale per me trovare il senso di tutto guardando contemporaneamente alla mia famiglia in continua crescita e ai nuovi genitori celesti.
(Renata) Devo sicuramente tutto alla mia famiglia di origine, la trasmissione della fede come cibo, come il latte per un bimbo. Sono stata nutrita di fede, ma non si può toccare, non ha corpo né volume, ma nel mio caso è stata di più, è stata respirata. Il buon Dio mi ha sempre accompagnata e sostenuta nelle scelte coraggiose e così Emanuele ha respirato la mia fede senza rendersene conto. A pranzo pastasciutta e Gesù… che meraviglia. A volte non mi rendo conto di questo dono enorme che ha voluto farmi, e così io come potevo rifiutargli qualcuno di questi splendidi figli? Non avrei potuto mai dire di no. E ancora oggi non lo diciamo.
«Basta, fermatevi!»
(Emanuele) E quando è stata ora di pensare alla possibilità di un’altra gravidanza allora sì che le cose sono cambiate. Il terzo è il figlio che suona la carica, ne sono convinto. A distanza di 20 anni ancora gli amici mi ricordano passeggiare al buio con lo zainetto con il bimbo sulle spalle: solo così si addormentava. Ma poi quanto piangeva… era davvero impegnativo. Ma straordinariamente bello nel crescere ogni giorno con noi.
Dal quarto in poi gli amici, i nonni, i parenti tutti sembravano gridare in coro: «Basta, fermatevi! Non sapete quello che fate». Al quinto hanno capito che non conveniva esternare certi loro pensieri. Forse dal sesto hanno compreso davvero quanto ricca e straordinaria fosse questa truppa d’assalto che ci portavamo appresso. E dall’ottavo non ne sono più arrivati…
(Renata) Talvolta facciamo viaggi e visite in posti sacri e spesso con bimbi nello zainetto o nella pancia. Ma Copertino con il suo san Giuseppe aveva per noi qualcosa di speciale. Io orgogliosa presento la mia famiglia con sei figli ad un anziano frate, il quale mi dice un piccolo «bene, bene» e poi esclama: «Tu stai con tuo marito come vuole il Signore e i prossimi saranno santi».
Io non so se saranno santi Raffaele e Tommaso, ma sicuramente avranno contribuito a santificare me e mio marito e tutti i fratelli, perché il loro arrivo ha nuovamente portato freschezza e gran rumore in casa. E ci ha riposizionato vicino a famiglie giovani con figli della stessa età, consentendoci meravigliose nuove amicizie.
Affidandomi a Dio attraverso le persone che mi ha fatto incontrare, certo la fatica è molta, la giornata non basta mai. È un continuo «mamma» e pure Emanuele mi chiama Mamma… Povera me! A sera sono esausta ma felice.
Tutte quelle annunciazioni…
(Alessandro) Fino a qualche anno fa, soleva avvenire con costante ricorrenza un particolare avvenimento in famiglia: in una serata normalissima, i genitori radunavano i figli presenti e annunciavano l’avvento di un nuovo fratello/sorella. Ammetto di aver reagito male a quasi tutte le annunciazioni, non ero per nulla contento, anzi, ero geloso, vedevo solo l’aspetto negativo, volevo solo una famiglia «normale» come tutti i miei coetanei, quasi mi vergognavo!
Che stupido ero… col tempo chiaramente ho imparato ad apprezzare ed amare la mia famiglia, ogni giorno è una nuova avventura, raramente ci si annoia. Grazie a Dio ho sette fratelli. Ma vivere in 10 sotto un tetto vuol dire anche sacrifici, rinunce, nervosismo, tanto nervosismo, quando qualcuno ti ruba i vistiti dall’armadio o il caricatore del telefonino, non è ordinato come vorresti, ecc. Siamo una normalissima grande famiglia d’altronde.
Gli incidenti nel lavoro e ai figli
(Emanuele) La Provvidenza esiste e lavora alla grande: lo fa con discrezione, con rispetto dei caratteri e dei limiti di ognuno. Le scelte complicate come i momenti brutti o difficili diventano quasi sempre delle nuove opportunità. Così il brutto momento del fallimento nel lavoro mi ha costretto alla fine di un lungo percorso di tentativi e fatiche a «consegnare» le chiavi di tutto al mio santo preferito. E la mia famiglia si è stretta intorno a me con tanta semplicità e così tanto cuore da rendere inopportuna ogni ulteriore preoccupazione ed anzi fino a trasformare un possibile dramma in una nuova e diversa possibilità. Il crescere della mia famiglia mi ha spinto a cercare continuamente nuove soluzioni lavorative e spesso i migliori progetti sono nati e cresciuti quanto basta per noi quasi da soli.
(Renata) Gabriele aveva 4 anni quando al parco con la bicicletta cade malamente e si ferisce alla testa. Con me c’erano altri tre bimbi di cui due più piccoli. Vedo il taglio alla testa e fermo una macchina di passaggio. Fermo una ragazza che si trova al parco e che conosco abbastanza, affido i due piccoli chiedendogli di portarli a casa nella speranza che potesse trovare qualche nonno o parente disponibile. Salgo nella macchina che ho fermato, il guidatore si preoccupa che non gli sporcassimo di sangue la macchina. Io insisto e lui ci porta all’ospedale. Ero anche incinta, molto probabilmente. Chiamo al telefono Emanuele e gli chiedo di pregare perché Gabri era molto spaventato. Si risolve benissimo, trovo un medico molto sensibile e disponibile, la ferita in testa viene cucita e lui non prova alcun dolore, partecipa con incredibile tranquillità all’intervento dei sanitari.
(Alessandro) Quando Gabriele si fece male in bicicletta, io ero presente e quando mia madre corse in ospedale mi lasciò solo in un prato in campagna con 2 fratelli più piccoli, avevo 8 anni, e pensai: e noi che facciamo? Ci lasci qui soli? Imparai anche così che ci sono delle priorità. Così nella vita quotidiana, situazioni e persone che hanno bisogno di maggiori attenzioni, Papà e mamma sono due, noi otto, è chiaro che non possono essere onnipresenti: una famiglia numerosa ti insegna a lasciar da parte gelosia ed egoismo.
(Renata) Ma per un altro dei nostri figli è accaduto un fatto più serio. Quando era molto piccolo, tre anni, cadde sulle scale di casa dei nonni e batté fortemente la nuca. Svenne subito e io urlando spaventatissima chiamai Emanuele, salimmo in macchina e ci lanciammo a tutta velocità verso l’ospedale a 8 chilometri da noi. Il bimbo ogni tanto rinveniva e rigurgitava per poi svenire ancora. Arrivammo al pronto soccorso e fu subito preso d’assalto dai medici. Gli fecero diversi esami per diagnosticare rapidamente un serio ematoma celebrale, per cui andava portato con urgenza in provincia presso un ospedale meglio attrezzato, ma l’ambulanza doveva attendere il medico rianimatore. Noi e il bimbo attendevamo in una stanza cercando su loro consiglio di tenerlo sveglio il più possibile. Tanta confusione, adrenalina alle stelle, spavento infinito. A casa una bimba poco più grande con la febbre alta per un’influenza, quindi io rientro e rimane in ospedale Emanuele.
Torno a casa e aspetto notizie. Emanuele chiama e con molta calma mi dice che il bimbo deve essere portato in un centro più attrezzato a un’ora di distanza. Ma voleva che lo accompagnassi io, faceva per questo aspettare tutti e io tornai in ospedale.
(Emanuele) In quel momento di grande frenesia e preoccupazione mi trovai solo in una stanza con il bimbo in braccio. Era stato scosso dai prelievi, le lastre, le punture di spillo nelle gambe e nei piedi e le prove varie dei medici. Io sentii il bisogno di calmarlo, di lasciarlo addormentare se voleva, gli misi sulla testa l’immagine di un santo importante che portavo sempre con me. Lo raccomandai con forza a lui. E cominciai a raccontargli piano la sua fiaba preferita. Si calmò subito e dopo qualche minuto mi chiese qualcosa sui personaggi della fiaba e si rialzò tranquillo seduto su di me.
I medici avevano allertato l’ospedale maggiore che attendeva l’arrivo dell’ambulanza. Il rianimatore era arrivato e tutto era pronto. Ma io insistetti per farli attendere qualche minuto; volevo mia moglie con lui e non me lo so spiegare. Una grande calma mi aveva preso: ero certo che tutto fosse tranquillo.
(Renata) Non capisco perché mi chiede di tornare, penso ad un probabile aggravamento. Ma sono come assopita, salgo in macchina e li raggiungo. Entro in ambulanza con altre persone e non mi rendo conto della gravità che invece era palpabile. L’ambulanza corre alla massima velocità a sirene spiegate. Il bimbo a dire il vero si divertiva in quella corsa. Arriviamo e in attesa troviamo il personale pre-allertato, che non può credere che il bimbo segnalato in arrivo fosse questo… si aspettavano una situazione molto più grave. Tutto riassorbito meravigliosamente e istantaneamente. Lo trattengono solo per precauzione e il giorno dopo lo dimettono perfettamente sano.
Rossella ricorda
(Rossella) Anche io ho avuto un piccolo proposito del mio incidente alla testa e a proposito ricordo che in macchina, mentre andavamo in ospedale, ho pregato, dicendo a Dio, con molta pace, che ero nelle Sue mani. Vedevo che era una difficoltà che forse loro non potevano risolvere, che era qualcosa più grande di loro: ero in braccio a mia mamma che mi accarezzava tremando, io mi sentivo nelle braccia sicure di Dio Padre.
Ogni parto di mamma dicevamo il rosario, tutti i figli a casa con la nonna. E poi ricordo la gioia della nascita, una festa grandiosa e silenziosa, forse più interiore anche se poi c’erano i fiori da portare alla mamma, e i fiocchi fuori dalla casa, e tutti in ospedale, attorno al letto e al nuovo arrivato… una gioia immensa.
Ricordo che ogni anno a Pasqua delle amiche mi proponevano di andare con loro a Roma, per pregare e stare accanto al Papa. Io non avevo tempo, tra la scuola e il Conservatorio, e poi finalmente potevo stare con più calma con gli amici e il fidanzato… e ricordo che alla fine ci andavo, e tornavo molto felice… e ciò che mi convinceva era il desiderio di pregare per quel fratellino nella pancia della mamma… nella pancia e nelle mani di Dio. Il momento in cui forse mi sono davvero resa conto che la mia famiglia è un regalo grande è stato quando un’amica, Amanda, mi ha raccontato che se poteva sognare e sperare di poter sposare il suo fidanzato ed essere fedele è solo perché ha conosciuto i miei genitori. Lei ha tutti i parenti e i genitori separati. Io non pensavo che quei pomeriggi a studiare a casa mia le avrebbero dato quella speranza che il mondo così ingiustamente spegne. Da quel momento ho iniziato a far venire le mie amiche a casa.
Un Natale noi figli abbiamo scritto sui pacchi regalo di mamma e papà che erano messi sotto l’albero: «Voglio un fratellino, voglio una sorellina». Perché con naturalezza, si passava dal benedire il cibo in tavola, al benedire la natura e la vita. Tutto è dono. E a Gesù Bambino il regalo più bello che potevamo chiedere era di benedire ancora l’amore dei miei genitori, e arrivò Camilla. E quando i compaesani dicevano ai miei genitori per strada: «Non avrai intenzione di averne un altro?». Loro con gentilezza e tanta pazienza rispondevano: «Vediamo, se Dio lo vuole, sì!».
Sempre ci diceva la mamma che ogni bambino piccolo era fragile e prezioso come un bicchiere di cristallo: «Se cade si rompe», dovevamo avere, tenendolo in braccio, tantissima attenzione. Questo i miei genitori continuano a dircelo con le mille attenzioni di ogni giorno, con la presenza discreta e ferma. Con un amore che sacrifica ore di sonno e di tempo, e soldi ed energie senza mai contarle, con una generosità enorme e normale. Tutto questo dice continuamente che «tu sei prezioso, perché unico». Ed è una cosa importante, che mi fa scoprire ogni giorno che lo posso dire io alle persone della mia famiglia, agli amici e alle persone a cui rivolgo il mio lavoro.
Quello stupore sul viso degli amici
(Emanuele) Si deve riuscire a ottenere il possibile con la minima spesa per i vestiti, i telefonini, le moto e le auto. Imporre un «no» fermo alle richieste pressanti di figli adolescenti è particolarmente difficile se i figli sono uno o due e se le possibilità economiche permettono facilmente questi acquisti. Diventa facilissimo se si è in tanti, perché ogni spesa è moltiplicata e diventa impossibile. Si riesce a far vivere ottimi principi con una certa facilità. Questa è la forza educativa della famiglia numerosa, ti costringe e ti consegna lo strumento per farcela.
La macchina grande può sembrare un impiccio, ma siamo riusciti a muoverci per Roma in 16 (ma non ditelo ai vigili…), divertendoci moltissimo. Del resto due sole famiglie bastano per raggiungere questo numero. Certo talvolta bisogna contarci, tenerci d’occhio per non perdere qualcuno. Ma non potete capire cosa significhi avere avuto in braccio per 25 anni di seguito uno o più bimbi piccoli, normalmente questa gioia particolare la si può vivere per non più di tre, quattro anni e al massimo un paio di volte. E contemporaneamente confrontarsi con grandicelli e adolescenti, maschi e femmine peraltro e magari contemporaneamente. A dire il vero il confronto con i grandi è di molto più semplice!
Le regole in casa sono un assoluto di Renata che in questo è bravissima. Io le ammiro, le rispetto. Devo dare l’esempio, no? Anche per questo è Lei la mia moglie ideale. Ho sempre sospettato che fosse più una mia tre/quarti che solo metà…
Tornando dal lavoro spesso Renata mi ha «suggerito» le cose importanti della giornata e questo mi ha permesso di arrivare seppur in ritardo ma nel modo giusto con i figli sui problemi grandi o piccoli che hanno vissuto nella loro giornata. Io e lei sappiamo cogliere diverse sfumature delle personalità dei nostri figli e delle loro difficoltà, come naturale del resto. Scambiarsi al momento giusto le dovute informazioni è stato sempre di grande aiuto reciproco. Seguirli nella scuola e nella loro vita richiede un po’ di organizzazione, ma assicuro che la presenza del papà con gli insegnanti è di grande efficacia, probabilmente sono troppo abituati ad avere a che fare solo con mamme.
(Renata) Organizzo ogni giornata incastrando le tantissime attività e necessità di tutti, con la paura di perdermi qualche appuntamento o dimenticare qualche figlio in qualche campo di calcio. Quasi sempre la schiera di angeli custodi che abbiamo a disposizione provvedono a dare l’allarme e recuperiamo appena in tempo.
La famiglia numerosa e la graduale crescente presenza di Dio è stata per me la salvezza, dove avrei preso sennò la forza di tanta applicazione? Per quale motivo avrei dovuto preoccuparmi di pensare a Dio e di cercarlo, e come avrei potuto trovarlo altrimenti? Lo stupore è il sentimento che ritrovo più spesso sul viso degli amici e di quanti abbiamo la fortuna di conoscere. E quando lo sento mi ritorna addosso, mi stupisco cioè di quello che questa fantastica mandria riesce a trasmettere.
Un anniversario importante
(Renata) Nell’anno di ricorrenza del nostro 25° anniversario si voleva festeggiare rievocando la grande festa matrimoniale. Mancano però i fondi necessari e il tempo e le forze per organizzare. Si decide di evitare, faremo qualcosa fra noi. La figlia grande però insiste, capendo quanto poteva essere importante per me e per noi. Ci sprona, si mettono tutti di impegno con suggerimenti di ogni tipo. In breve troviamo disponibilità in un’area comunale per feste paesane, all’aperto, e coinvolgiamo molti amici nell’idea della festa. La risposta è immediata e grandissima: oltre cento amici si riuniscono per festeggiarci e ognuno porta cibo e addobbi. Alcuni in particolare si mettono al lavoro cucinando per tutti e preparando ogni cosa. Perfino un cantore si presenta insieme ad un amico organista e ci allietano con la loro arte. S. Messa e grande festa con moltissimi bambini e tanti amici. Veniamo alla fine soprannominati dagli amici «quelli dell’apostolato del divertimento». Una giornata indimenticabile.
E siccome troppi sono stati i regali nelle varie occasioni, per questa Emanuele decide di scrivermi una lettera d’amore, cosa rara, con qualche tentativo di rima, e inciderla su lastra d’argento data la ricorrenza.
(Rossella) Diceva un grande santo una frase che per me è stupenda:
«Niente di più falso che opporre la libertà al dono di sé, perché tale dono è conseguenza della libertà. Ascoltate bene: una madre che si sacrifica per amore dei suoi figli, ha fatto una scelta; e la misura del suo amore esprimerà quella della sua libertà. Se l’amore è grande, la libertà sarà feconda, e il bene dei figli deriva da questa benedetta libertà, che comporta il dono di sé, e deriva da questo benedetto dono, che è appunto libertà» (san Josemaría Escrivá, Omelia La libertà, dono di Dio).
Questa frase, riferita a mamma e papà, descrive molto bene ciò che ho ricevuto e visto da quando sono nata. E questo ha messo il seme nel mio cuore di un desiderio di «aprire le fonti della vita» a Dio, qualunque cosa mi chiedesse. In un’altra occasione potrei raccontare quanto la mia famiglia mi ha aiutato a scoprire e a vivere la mia vocazione nel celibato apostolico e nella santificazione del lavoro…